Esce a Torino, finalmente, il registro della bigenitorialità, detto anche della
doppia domiciliazione dei figli di genitori separati, sia presso il padre che
presso la madre. L’evento viene salutato con viva soddisfazione da tutti quelli
che hanno sostenuto una concreta ed effettiva applicazione della legge 54
sull’affidamento condiviso, finora sistematicamente svuotato in sede di
giudizio.
In effetti il lettore attento si renderà conto con facilità anzitutto che al
Consiglio viene negata l’elaborazione del relativo Regolamento, rimessa alla
Giunta, e che comunque l’evento sopraggiunge con geologico ritardo. Il
registro, infatti, iniziò il suo percorso a Torino nel 2017, come è ben noto
all’associazione Crescere Insieme alla quale si deve la redazione della mozione
che fu allora proposta da consiglieri del Partito Democratico, oggi al governo
del comune. A quel tempo, ben otto anni fa, l’amministrazione era nelle mani
del Movimento Cinque Stelle. Non può non stupire, quindi, che parallelamente i
medesimi diritti, affermati nel ddl 832 in discussione presso la commissione
giustizia del Senato, siano invece accanitamente avversati dai medesimi
gruppi. C’è una logica in tutto questo? Certamente no. Sono i giochi della
politica.
Resta il fatto, guardando all’aspetto tecnico, che si osserva un lento ma
costante avvicinamento ai reali contenuti della riforma del 2006. Si guardi, ad
esempio quanto affermato recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione
(Cass. 1486/2025):
“Nell’adottare la decisione in questa sede impugnata, la Corte d’appello ha
operato un giudizio in astratto, incentrato sulla sola età della minore, che
comunque aveva già compiuto tre anni, senza prestare attenzione alle
modalità di relazione in atto della bambina con i genitori, ritenendo prevalente
tale criterio astratto rispetto alle concrete condizioni di vita della famiglia e
delle valutare in concreto le condizioni di vita familiare la migliore soluzione da
adottare, alla luce del criterio posto dall’art. 337-ter c.c. in relazione alle
capacità e attitudini di entrambi i genitori nella cura e nell’educazione della
minore”. Dove salta agli occhi che non solo si contesta che ci si debba fondare
semplicemente sull’età del bambino coinvolto, anziché guardare all’insieme
delle caratteristiche dei genitori e ambientali, ma il giro di parole utilizzato
evidenzia che il compimento del terzo anno e già indicativo del superamento di
un’età tale da doversene tenere conto.
Non solo. La medesima ordinanza procede affermando che:
«Nei procedimenti previsti dall’art. 337-bis c.c., il giudice è chiamato ad
adottare provvedimenti riguardo ai figli seguendo il criterio costituito
dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale ai sensi
dell’art. 337-ter c.c. è quello di conservare un rapporto equilibrato e
continuativo con entrambi i genitori, sicché le statuizioni sull’affidamento, il collocamento e la frequentazione dei figli devono rispondere ad una valutazione
in concreto finalizzata al perseguimento di tale finalità, non potendo essere
adottati provvedimenti che limitino grandemente la frequentazione tra uno dei
genitori e il figlio in applicazione di valutazioni astratte non misurate con la
specifica realtà familiare.». Dove si fa notare il passaggio qui evidenziato in
neretto – che per la prima volta attesta qualcosa che spesso viene contestato in
dottrina, e soprattutto in giurisprudenza – ovvero che l’interesse superiore del
figlio minorenne si realizza anzitutto attraverso il riconoscimento del suo diritto
pieno ed effettivo alla bigenitorialità. Si tratta di un’affermazione che a molti
apparirà scontata, ma che in realtà per la prima volta viene espressa a chiare
lettere all’interno di un provvedimento giurisprudenziale. E di giurisprudenza di
legittimità.
In questo senso, la decisione del consiglio comunale di Torino rappresenta un
piccolo contributo, una tessera del mosaico che si va lentamente componendo.
Non c’è che augurarsi che venga effettuato un passo decisivo, con
l’approvazione del disegno di legge 832 sopra accennato, che potrebbe dare la
spinta decisiva verso una concreta e completa applicazione dei principi scelti dal
legislatore del 2006.